sberleffo

BIO

Rosaria Matarese nasce a Napoli il 26 febbraio 1941. Volontariamente e con entusiasmo, sceglie di frequentare il liceo artistico: conseguentemente e con lo stesso entusiasmo, decide di frequentare il corso di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Napoli, docente, il maestro Giovanni Brancaccio, amato, seguito e… rifiutato, ribaltato e revisionato, giustamente, appena uscita dall’Accademia, per iniziare grazie comunque agli insegnamenti ricevuti, un personale e necessario percorso di crescita.

“Rosaria Matarese è napoletana e quindi abbastanza caricata di quella filosofia di vita che ha sempre ridotto la realtà a realtà inscenata” (da “la camera per amare di Rosaria Matarese” di Germano Beringheli – Genova – 1968).

Da quando, negli anni ’60 fece parte, giovanissima, del gruppo Linea Sud (rivista di retta da Luca – Luigi Castellano e redatta da Stelio Maria Martini, Mario Persico, Enrico Bugli e poi Luciano Caruso), la ricerca di Rosaria Matarese si è sviluppata su un arco di grande ampiezza linguistica, in cui futurismo e dadaismo hanno un rilievo centrale.

Ha insegnato da sempre negli Istituti d’Arte (Avellino, Torre del Greco e Napoli) e tutt’ora insegna nel liceo artistico Suor Orsola Benincasa come docente di Tecniche Artistiche, discipline plastiche e pittoriche, e segue piccoli gruppi di allievi nel suo studio.
E’ ormai evidente che l’entusiasmo, la volontà e la consapevolezza delle scelte “adolescenti” per le cose dell’arte, l’accompagna ancora.

Fa parte dal 2005 del Collegio Patafisico Partenopeo retto da Mario Persico. Le sue opere sono in molte collezioni private e pubbliche tra cui:

“Rosaria Matarese si caratterizza per l’assemblaggio di oggetti, ritagli fotografici, impasti di colore, che, sfuggendo alla casualità provocatoria del “ready made”, fissano la parte di realtà che sta a cuore all’artista, attraverso il recupero dell’oggettualità e dell’interazione con il fruitore. In questi “combine paintings”, la Matarese è attenta all’universo della contemporaneità, alle sue contraddizioni sociali, alla sua violenza, alle sue maschere consumistiche e fuorvianti. E’ un impegno portato avanti con sobrietà di mezzi, rifuggendo da tutto quell’armamentario retorico solitamente usato da una pratica artistica che affronta temi simili. Mario Franco.”